La listeriosi e la gravidanza

La listeriosi e la gravidanza

L’infezione da listeria prende il nome di listeriosi ed è una tossinfezione alimentare causata dal batterio Listeria monocytogenes. L’Oms una malattia relativamente rara ma preoccupante perché notoriamente associata a un elevato tasso di mortalità soprattutto in soggetti vulnerabili come anziani e pazienti immunocompromessi. Secondo i dati pubblicati nel rapport Oms, in tutto il mondo, l’infezione è responsabile, globalmente, di circa 14.000 casi di malattia e 3000 decessi l’anno.

La listeriosi ha una incidenza bassa, riferita quasi esclusivamente ai paesi industrializzati (dati dall’Asia, dall’Africa e dal Sudamerica sono insufficienti). In Europa, l’incidenza di questa malattia è circa tre casi per milione abitanti.

Secondo i dati pubblicati a dicembre 2015 da Efsa ed Ecdc, nel 2014, 27 Paesi europei hanno riportato 2161 casi confermati, con un tasso di notifica di 0,5 casi per 100 mila abitanti (con un incremento del 30% rispetto al 2013), inoltre, 17 Paesi hanno riportato 210 decessi. In tutta Italia, 128 nel 2013 (Fonte ministero della Salute/Ecdc-Efsa) e nel Lazio da 3 a 5 casi ogni anno.

Listeria monocytogenes è un batterio diffuso ovunque nell’ambiente. Può essere presente nel suolo o nell’acqua, arrivare a contaminare superfici di lavoro o utensili delle industrie alimentari e contaminare gli alimenti a qualunque livello della catena di produzione e consumo.

Lo contraddistingue la capacità di riprodursi anche a temperature di refrigerazione (0°- 4°C), seppur lentamente. È in grado di moltiplicarsi tra -1°C e 50°C. Per l’uomo la via principale di infezione è quella alimentare, in seguito all’ingestione di alimenti contaminati in cui il batterio si è moltiplicato fino a raggiungere una carica infettante tale da scatenare la malattia.

La probabilità di contrarre l’infezione è molto maggiore per le persone con più di 70 anni, aumenta anche nelle donne in gravidanza e i soggetti con indebolimento delle difese immunitarie.

I sintomi sono vari e dipendono da chi ne viene colpito:

In particolare, nelle donne in gravidanza la listeria può apparire quasi asintomatica, similmente ad una lieve influenza con febbre e altri sintomi non specifici come affaticamento e dolori vari, ma nel feto le ripercussioni possono essere importanti. Il frutto del concepimento è vittima di un’infezione congenita, di conseguenza può andare incontro a: parto prematuro, morte o aborto. Anche nel caso in cui la listeria infetti il neonato durante il parto è presente un elevato rischio di complicazioni; più precisamente, dopo un’incubazione generalmente oscillante tra i 7 giorni e le 4 settimane, il quadro sintomatologico si caratterizza per sepsi e meningite mortali. Lo screening si effettua con l’ecografia ed i test sierologici. Nella madre affetta il trattamento farmacologico dev’essere tempestivo e si effettua con una associazione di antibiotici (ampicillina ed aminoglicoside).

negli adulti con sistema immunitario compromesso e negli anziani può provocare meningiti, encefaliti e gravi setticemie;

nei soggetti con un sistema immunitario efficiente può manifestarsi anche senza sintomi evidenti, oppure con sintomi oculari, cutanei (orticaria), simil-influenzali o di gastroenterite febbrile.

Nei casi in cui si sviluppa la sintomatologia gastroenterica, la malattia si manifesta nel giro di poche ore dall’ingestione dell’alimento contaminato.

Se invece a svilupparsi è la malattia con forme più acute di sepsi, encefaliti e meningiti, tra l’ingestione dell’alimento contaminato e la manifestazione dei sintomi possono trascorrere anche lunghi periodi di tempo, talvolta fino a 90 giorni.

La malattia causata da Listeria monocytogenes prende il nome di listeriosi; è relativamente rara ma può avere conseguenze gravi per le fasce di popolazione più sensibili, come donne in gravidanza e anziani.

Quali alimenti sono più rischiosi ?

Gli alimenti più spesso implicati in casi di listeriosi sono:

> le carni crude o poco cotte, in particolar modo quelle di pollo e tacchino; i prodotti a base di carne in generale, in particolar modo i salumi freschi o poco stagionati, ma anche paté e simili non inscatolati, oppure piatti con carni fredde pronti per il consumo;

Gli alimenti più a rischio ci sono carni crude o poco cotte, salumi freschi o poco stagionati, prodotti di gastronomia a base di uova. verdure crude, latte crudo e formaggi derivati, prodotti della pesca crudi e affumicati.

> i prodotti di gastronomia pronti per il consumo come maionese, insalata russa e tramezzini;

> verdure crude o sottoposte a blandi trattamenti di conservazione, in particolar modo i funghi freschi, la lattuga e le insalate preconfezionate;

> il latte crudo e i prodotti o i formaggi da esso derivati, soprattutto quelli a pasta molle, il burro e quelli a media stagionatura;

> i prodotti della pesca, soprattutto quelli leggermente salati e affumicati come il salmone e la trota affumicati;

In generale sono rischiosi inoltre tutti gli alimenti cotti e pronti per il consumo conservati a lungo a temperature non corrette dopo la cottura.

Come ridurre il rischio ?

In caso di allerte alimentari da parte delle Autorità l’azienda produttrice, il punto vendita e il Ministero della Salute rendono noti sul sito web del Ministero i prodotti e i relativi lotti da non consumare. Se il numero di lotto corrisponde a quello in possesso, eliminare l’alimento o riconsegnarlo al punto vendita.

In cucina la miglior strategia in casa per evitare il rischio listeriosi è la prevenzione attraverso l’adozione di buone pratiche igieniche in cucina:

> lavare accuratamente frutta e verdura sotto acqua corrente potabile prima di consumarle, tagliarle o cuocerle;

> asciugare i prodotti con un panno pulito o un tovagliolo di carta a perdere; separare le carni crude da verdure e cibi cotti e pronti al consumo;

> lavare spesso mani, coltelli, piani di lavoro e taglieri con un detergente, soprattutto dopo la manipolazione e la preparazione di cibi crudi;

> mantenere il frigorifero e il congelatore puliti e a una temperatura inferiore rispettivamente ai 4°C e ai -17°C.

Nel frigorifero. La cottura dell’alimento a 72°C per almeno 15 secondi inattiva il batterio, tuttavia in caso di conservazione dell’alimento cotto è necessario prestare attenzione a eventuali ricontaminazioni.

Il trattamento termico infatti abbatte la carica batterica ma in caso di successiva ricontaminazione permette una più facile proliferazione del microrganismo che non trova più una flora batterica con cui dover competere per poter crescere.

Conservazione in frigo.Il trattamento termico abbatte la carica batterica, ma in caso di successiva ricontaminazione permette una più facile proliferazione del microrganismo. In frigorifero è quindi necessario separare bene i prodotti crudi dalle verdure e dai cibi cotti pronti al consumo.

È necessario quindi:

– consumare in breve tempo i prodotti precotti o pronti per il consumo;

– in frigorifero, separare bene i prodotti crudi dalle verdure e dai cibi cotti pronti al consumo, se possibile utilizzare contenitori chiusi;

– dividere gli avanzi di cibo in contenitori poco profondi in modo da farli raffreddare velocemente, chiuderli, riporli in frigorifero e consumarli entro breve tempo;

– consumare gli eventuali avanzi conservati previo accurato e uniforme riscaldamento in modo da essere sicuri di aver abbattuto una possibile ricontaminazione microbica dell’alimento;

– non conservare prodotti refrigerati oltre la data di scadenza;

– non lasciare i cibi deperibili a temperatura ambiente e rispettare la temperatura di conservazione riportata in etichetta;

– attenersi alle norme di preparazione dell’alimento riportate sulla confezione di surgelati e congelati, normalmente prescrivono la cottura prima del consumo.

Quando non sono in atto allerte alimentari, la miglior strategia in casa per evitare il rischio listeriosi è la prevenzione attraverso l’adozione di buone pratiche igieniche in cucina, come lavare accuratamente frutta e verdura cruda

Prof. Giuseppe Nicodemo

Giuseppe Nicodemo
giunico@hotmail.com