Quali Sono Le Cause Della Sterilità Femminile ?

Quali Sono Le Cause Della Sterilità Femminile ?

Nell’80% dei casi la sterilità femminile è dovuta principalmente alla età avanzata ed al cosiddetto fattore tubo-peritoneale quando in causa sono chiamate le tube di Falloppio.

  • Età e fertilità.

La probabilità di ottenere una gravidanza ed i tassi di successo delle procreazioni medicalmente assistite diminuiscono al crescere dell’età della donna.

Secondo un importante studio del “Comitato di Ginecologia del Collegio di Ostetrici e Ginecologi” americano e del “Comitato della Società Americana di Medicina della Riproduzione” , la correlazione tra la fertilità femminile e l’età dipende dal progressivo ed irreversibile ridursi del numero e dal peggioramento della qualità degli ovociti.

Tale processo naturale di declino prende il nome di atresia. Tra i 32 ed i 37 anni si registrano significativi cambiamenti nella fertilità femminile, graduale calo di fecondità dopo i 32 anni che  dopo i 37 anni diviene significativamente più rapido ed è associato ad una diminuzione della qualità degli ovociti e ad un aumento dell’ormone follicolo stimolante (FSH).

Letà media della menopausa si aggira intorno ai 51 anni questo è vero, ma già sopra i 44-45 anni le probabilità di avere un figlio sono davvero minime (meno del 5%). Quando, per qualunque motivo, gli ovociti finiscono prima del previsto, si parla di esaurimento ovarico prematuro o menopausa precoce: in questo caso la menopausa può arrivare a 35-40 anni, o anche prima.

Questo  non significa che una donna non ha assolutamente speranze di concepire un figlio se ha più di 45 anni. Esistono al mondo donne fertili dopo i 50 anni, donne che hanno dato alla luce figli sani a 57 anni. Sono casi rarissimi e statisticamente non significativi.

La fertilità maschile è invece più stabile e si mantiene per molti anni, mentre nella donna resta più o meno stabile solo fino ai 30 anni per poi diminuire, con un primo netto calo sopra i 35 e un calo più drastico dopo i 40.

Negli uomini gli spermatozoi vengono continuamente rinnovati e, a differenza degli ovociti femminili, non invecchiano. La produzione di questi è un processo continuo all’interno dei testicoli che dura circa 70 giorni. Dunque ogni 3 mesi gli spermatozoi si rinnovano completamente dalla pubertà fino alla vecchiaia.

Col passare del tempo comunque anche l’uomo va incontro a deficit di infertilità quali diminuzione della produzione di testosterore, aumento dei problemi prostatici, aumento delle disfunzioni erettili o dei problemi di eiaculazione.

Mentre gli uomini producono continuamente nuovi spermatozoi, le donne nascono avendo già nelle ovaie tutti gli ovociti che useranno nella loro vita fertile. Il maggior numero di ovociti, una donna lo possiede quando si trova ancora nell’utero di sua madre: quando il feto femminile si trova alla ventesima settimana di sviluppo, le sue ovaie contengono fino a 6-7 milioni di ovociti. Al momento della nascita questo numero si riduce a 1-2 milioni e continuerà a diminuire. Al momento della pubertà una ragazza ha 200-500 mila ovociti nelle ovaie, e di questi ne userà solo una piccolissima parte (400-500 in tutto) nel corso della sua vita fertile. Infatti la maggior parte degli ovociti è destinata a degenerare per un processo di morte spontanea chiamato atresia: ogni mese iniziano a maturare molti follicoli, ma di questi solo uno o due si svilupperanno completamente mentre gli altri andranno incontro a una degenerazione spontanea.

Con l’aumentare dell’età crescono anche i possibili rischi anche per la mamma e per il figlio.  Aumentano infatti i rischi di fibromi, problemi alle tube, endometriosi che possono compromettere seriamente la fertilità. Inoltre, il declino della fertilità dovuto all’età femminile è accompagnato da un significativo aumento di aneuploidie ( anomalie nel numero di cromosomi, la più frequente è la trisomia) e di aborti spontanei. La più comune causa di aborto spontaneo è infatti la presenza di un’anomalia cromosomica nell’ovocita fecondato. Un donna di 20 anni ha il 12-15% di probabilità di incorrere in un aborto se resta incinta, mentre la percentuale sale al 40% per una donna di 40 anni.

Uno studio  pubblicato sulla rivista Human Reproduction  eseguito su oltre 34.000 donne al loro primo trattamento di fecondazione assistita con i propri ovociti (ICSI), stima che per  le donne di 30 anni, ogni 1 anno in più di età si associa ad un 11% di riduzione della probabilità di concepire una gravidanza e ad un 13% di riduzione delle probabilità di portare a termine con successo la gravidanza.

Qualora le donne con più di 35 anni si fossero sottoposte al trattamento di fecondazione assistita ICSI un anno prima, avrebbero avuto il 15% in più delle probabilità di partorire un bambino.

E’ meglio dunque non perdere tempo e, qualunque sia l’età della paziente, rivolgersi ad un ginecologo esperto di sterilità di coppia già dopo circa 8 mesi di rapporti mirati a concepire un figlio che non abbiano sortito alcuna gravidanza. Questo può consente di individuare eventuali ostacoli al concepimento e di superarli prima che sia troppo tardi.

Se si decide di avere un figlio dopo i 34 anni sarebbe utile una consulenza preventiva, soprattutto nel caso di pregresse infezioni pelviche, endometriosi, familiarità con menopausa precoce, interventi chirurgici addominali.

  • Fattore tubo-peritoneale.

Circa un 25% dei casi di sterilità femminile si deve ad un fattore tubarico, cioè ad un’alterazione delle tube di Falloppio. Esse hanno la funzione di raccoglie l’ovulo liberato nell’ovulazione, di trasportare gli spermatozoi verso l’ovulo e, dopo la fecondazione di condurre l’ embrione verso l’utero. Il danno tubarico per una ostruzione tubarica parziale o completa, impedirà questo trasporto e come conseguenza non si avrà la fecondazione dell’ovocita.

Il fattore tubo-peritoneale viene spesso relazionato con la gravidanza extrauterina, che avviene quando l’embrione non giunge nella cavità uterina per alterazioni del diametro e della parte interna della tuba e si ferma perciò all’ interno di questa.

Il danno tubarico può verificarsi per infezioni genitali che risalgono dal collo dell’utero o dall’utero verso le tube (Malattia Infiammatoria Pelvica o PID) o anche dalla cavità addominale, come per esempio un’appendicite.

I germi più frequentemente implicati in una PID sono quelli sessualmente trasmessi (MST) specialmente Neisseria gonorrhoeae (che è responsabile della gonorrea), Chlamydia trachomatis e Micoplasmi (M. hominis, M. genitalium, Ureaplasma urealyticum, U. parvum ).

Queste infezioni sono responsabili di una reazione infiammatoria che poi residua in cicatrizzazioni anomale che non permettono il buon funzionamento delle tube. Si stima che un episodio di malattia pelvica acuta possa provocare il 30% di sterilità, due episodi il 50% e tre fino al 70%.

Quando nella tuba si  raccoglie liquido si parla di idrosalpinge. Essa diventa così fonte cronica potenziale di infezione ed infiammazione. Si raccomanda perciò una asportazione dell’idrosalpinge prima della realizzazione di un ciclo di PMA, visto che questo liquido può essere pregiudiziale per l’impianto di un embrione.

Pochi e deludenti sono i tentativi di ricanalizzazione delle tube danneggiate mediante  microchirurgia.

Altri fattori che potrebbero causano chiusura delle tube sono la chirurgia addominale. Essa può produrre fenomeni di aderenza a livello tubarico. Una importante e diffusa causa di chiusura delle tube è l’ endometriosi.

Esiste un’ampia relazione tra l’endometriosi e la sterilità, giacché si stima che ne soffra il 10% delle donne, che spesso arrivano ad una diagnosi certa dopo diversi anni, quando presumibilmente la malattia si è aggravata. Si stima che ben il 35% delle donne sterili soffrano di questa malattia.

L’endometrio,  il tessuto che riveste la superficie interna dell’utero ogni mese cresce e se non è avvenuta nessuna fecondazione, si sfalda dando luogo alle mestruazioni. Nell’endometriosi del tessuto simile all’endometrio si forma all’esterno dell’utero e nella maggior parte dei casi si diffonde nell’area dell’apparato riproduttivo femminile (ovaio, tube di Falloppio, legamenti dell’utero, area tra vagina e retto), ma è stato trovato anche sui genitali esterni (vagina, cervice e vulva) e sugli altri organi interni.

La spiegazione che sembra più probabile è quella della cosidetta mestruazione retrograda: durante le mestruazioni parte del sangue e delle cellule dell’endometrio in esso contenute risalgono le tube e da lì escono invadendo la cavità peritoneale, dove attecchiscono e proliferano (importanti sembrano essere, però, anche i fattori genetici e ambientali). Come l’endometrio, questo tessuto è modulato dagli ormoni prodotti dall’ovaio (in particolare gli estrogeni) per cui cresce e si sfalda ciclicamente. Non può però uscire dal corpo attraverso la vagina come nelle normali mestruazioni, per cui il sangue e le cellule endometriali in esso contenute, ristagnano generando una infiammazione cronica degli organi su cui il tessuto è cresciuto. Se le formazioni proliferano producono aderenze che irrigidiscono gli organi e ne impediscono il funzionamento: questo è il motivo per cui se sono colpiti gli organi della riproduzione (es. ovaio e tube), l’endometriosi causa l’infertilità.

Per nulla trascurabile come conseguenza della malattia una cattiva qualità degli ovociti che le donne affette da endometriosi producono.

Può colpire qualsiasi donna che abbia le mestruazioni, anche le più giovani.

Vale la pena menzionare che la maggior parte delle donne con endometriosi  presentano sintomi come la mestruazione dolorosa (dismenorrea), sterilità e dolore durante e dopo i rapporti sessuali (dispareunia), durante l’ovulazione, durante la defecazione e la minzione oppure continuativo (cronico) alla pelvi . Può provocare anche cisti ripiene di sangue ossidato  nelle ovaie, chiamate cisti endometriosiche o cioccolato per il loro aspetto marroncino. Il trattamento chirurgico in laparoscopia  migliora la fertilità della paziente, mentre i farmaci sono  più indicati nel trattamento del dolore. E’ importante perciò consultare il ginecologo e, in caso di sospetto diagnostico, è bene sottoporsi ad una laparoscopia. Solo con l’analisi del tessuto prelevato grazie a questo esame, infatti, è possisibile avere certezza della diagnosi di endometriosi. La diagnosi clinica è più difficile anche per il fatto che sintomi sono indistinguibili da quelli tipici dell’intestino irritabile o dell’infiammazione pelvica (motivo per cui spesso l’endometriosi viene diagnosticata tardi). La laparoscopia inoltre può diventare una terapia essa stessa, in quanto con un piccolo intervento endoscopico si possono asportare le formazioni endometriosiche senza intaccare gli organi. Questo intervento aumenta la fertilità soprattutto nel caso in cui vi sia minor compromissione e in cui si possa ripristinare anche la normale anatomia degli organi riproduttivi  e riduce il dolore, anche se non in modo definitivo perché la malattia può recidivare. L’intervento è meno efficace per la fertilità se lo stadio è più avanzato.

L’ ecografia pelvica, meglio se per via transvaginale, individua facilmente le cisti endometriosiche. Buoni risultati diagnostici si stanno recentemente ottenendo mediante la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) eseguita da operatori esperti.

Nel caso di endometriosi severa, specialmente se esistono cisti cioccolato, la chirurgia può essere imprescindibile prima di iniziare un trattamento di riproduzione. Il ginecologo deve fare questa valutazione, tenendo conto delle dimensioni della cisti, della riserva ovarica e la capacità di risposta dell’ovaio affetto. Curare l’endometriosi migliora anche le possibilità di successo della PMA. Se l’endometriosi è lieve o moderata è consigliata la IUI (inseminazione intrauterina) però se è compromessa la funzione tubarica, se altri trattamenti hanno fallito, o in presenza di fattore maschile, è consigliabile ricorrere alla fecondazione in vitro (IVF) che è il trattamento appropriato per la sterilità associata all’endometriosi. La gestazione sarà una terapia temporanea eccellente per il miglioramento dell’endometriosi.

È molto importante sapere che, anche se questa malattia non ha una cura, i trattamenti sono focalizzati, secondo le necessità di ogni paziente, ad alleviare il dolore, soprattutto quello mestruale, ad evitare che aumenti e, nel caso sia desiderata, ad ottenere una gravidanza.

In ogni caso, diagnosticare tempestivamente l’endometriosi è possibile e necessario. Curare l’endometriosi, soprattutto nella fase iniziale, vuol dire tutelare la propria fertilità e il proprio benessere fisico e psicologico.

Prima si realizza la diagnosi prima è possibile evitare i danni che la malattia provoca nella zona pelvica e favorire l’ insorgenza di una gravidanza. Estremamente importante è dunque la prevenzione della sterilità legata alla endometriosi.

  • Anovulazione.

I problemi legati all’ ovulazione rappresentano il 25 % circa delle cause di infertilità femminile e si producono come conseguenza degli squilibri ormonali contro un cattivo sviluppo ovarico. Non si verifica l’ovulazione per un non corretto funzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio.  Per stabilire se durante il ciclo mestruale si ha o no un’ovulazione è già un’indicazione, il passato mestruale della paziente; è raro, infatti, che, in assenza di ovulazione, i cicli siano sempre regolari. In caso di amenorrea primitiva condizione in cui non si e’ mai avuta la comparsa delle mestruazioni, è bene verificare lo stato dell’apparato genitale per valutare se la paziente ha un utero capace di mestruare. È una delle cause di sterilita con miglior soluzione una volta stabilita la diagnosi e il trattamento. Circa il 35% delle donne, in un momento particolare della propria vita, presenta un fenomeno di anovulazione. L’origine dell’alterazione ormonale può risiedere nell’ipotalamo, nell’ipofisi o nelle ovaie stesse. Grazie ai dosaggi ormonali e’ poi possibile individuare le cause dellamenorrea. Per quanto riguarda le amenorree secondarie, s’interviene dopo un’attesa da tre a sei mesi durante i quali il ciclo non si è manifestato. Per prima cosa si esegue un test di gravidanza per essere certi che non si tratti di una maternità in corso, lecografia pelvica, meglio se per via transvaginale, consente poi di stabilire se si è in presenza di ovaie policistiche o multifollicolari, anche i dosaggi ormonali possono essere di aiuto. Frequenti sono i casi di ovaio policistico, associato ad irsutismo, acne ed obesità. Stress, disagi psicologici, anoressia, possono essere la causa di amenorree secondarie. Tra i fattori determinanti di questa situazione troviamo lo stress, la forte perdita o l’aumento importante di peso, eccessiva produzione di prolattina (ormone incaricato di produrre il latte materno) e l’ovaio policistico che merita una menzione a parte per la complessità e la frequenza.

  • Policistosi ovarica (PCO).

La policistosi ovarica o sindrome dell’Ovaio Policistico anche detta malattia di Stein-Leventhal, o più semplicemente PCO, è una malattia delle ovaie. Circa il 20% delle donne presentano ovaie policistiche. Questo termine si riferisce all’aspetto che hanno le ovaie nelle ecografie, visualizzando un incremento di piccole cisti (follicoli antrali) nella zona corticale dell’ovaio.

Ci sono un gran numero di donne che presentano questo fenomeno e non hanno problemi ad ovulare e rimanere incinte ed altre alle quali vengono riscontrate queste caratteristiche ecografiche che invece hanno la Sindrome dell’ovaio policistico (PCO).

E’ una patologia cronica causata  dall’incapacità delle ovaie di produrre il corretto quantitativo ormonale . Chi soffre di ovaio policistico in genere presenta squilibri ormonali, alti livelli di LH e bassi di progesterone. Tutti questi fattori insieme rendono difficilissima la maturazione e quindi  il rilascio dell’ovulo da parte dell’ovaio. Non è noto se la disfunzione sia a carico dell’ovaio o dell’ipotalamo però, visto che può presentarsi solo in uno delle due ovaie potrebbe trattarsi di un problema localizzato nell’ovaio interessato.

In queste donne il disordine ormonale implica cicli mestruali irregolari o addirittura l’assenza di mestruazioni (amenorrea), pertanto avranno problemi a restare incinte per mancanza di ovulazione. Per comprendere meglio il processo, bisogna considerare che in una donna normale l’ovulazione normalmente avviene 12 volte l’anno. Se si ha una mestruazione ogni tre mesi, in teoria avverranno solo quattro ovulazioni l’anno e spesso, anche se avvenisse la mestruazione, può verificarsi l’anovulazione, perciò è probabile che il problema si verifichi tutto l’anno.

Spesso si associano segni di iperandrogenismo (acne o pelle grassa, aumento della crescita dei peli anche in zone tipicamente maschili come il torace, il dorso, il mento e le guance, la linea alba ombelicale). L’ aumento della peluria e l’acne sono sono legati all’ eccessiva produzione di ormoni maschili e alti livelli di testosterone.

I capelli spesso appaiono fragili e con tendenza alla calvizie. Tuttavia, bisoga precisare che esiste una grossa variabilità tra una paziente e l’altra: si va da condizioni poco sintomatiche, con sole alterazioni del ciclo, mestruale, sino a situazioni in cui si possono avere contemporaneamente amenorrea, irsutismo ed obesità.

Ci sono dei fattori di rischio che predispongono a questa patologia e sono rappresentati dal fumo, dall’eccesso di peso, da casi di diabete in famiglia e dalla presenza di persone affette dalla policistosi  tra i consanguinei.

Si è notato che spesso, in queste pazienti vi è un aumento dell’insulina circolante che potrebbe alterare il funzionamento ovario, oltre al fatto che contribuisce a determinare l’insorgenza dell’obesità e la difficoltà a combatterla.

Se non trattata la PCO, può causare sterilità. Generalmente, l’insorgenza della malattia è in epoca adolescenziale, anche se la diagnosi può essere posta, nelle forme meno gravi, intorno ai 30 anni, indagando sulle cause della sterilità.

La diagnosi s fa sia attraverso l’ecografia che mostra le ovaie ingrossate, sia attraverso i dosaggi ormonali che mettono in evidenza in genere l’ LH (ormone luteinizzante ) alto e l’ FSH (ormone follicolo stimolante ) basso. Viene anche controllata la pressione e i  livelli di glucosio nel sangue per verificare se esiste resistenza all’insulina.

Non c’è una vera e propria cura per la policistosi ovarica. Ci sono dei  farmaci che attenuano i sintomi  e che devono sempre e comunque essere prescritti da un medico.

In caso di ragazze molto giovani, che al momento non desiderino una gravidanza, la pillola contraccettiva rappresenta una buona scelta, anche per preservare l’ovaio da un’eccessiva distruzione dei follicoli che potrebbe portare ad infertilità in età più avanzata. Se la paziente presenta anche segni di iperandrogenismo possono essere prescritti farmaci con attività anti-androgena. Oltre a provvedimenti estetici locali..

Perder peso però rimane uno di punti cardine, è importante non scoraggiarsi e continuare con costanza e, anche se i risultati arrivano lentamente, mai smettere di perseverare. Riducendo il grasso corporeo  si aumenta la secrezione di insulina e quindi si abbassano gli zuccheri e anche gli ormoni maschili in eccesso. Chiaramente è sempre consigliata l’attività fisica, basta una passeggiata a passo svelto di 30 minuti per 2-3 volte alla settimana.

Evitate anche lo stress perchè questo determina il rilascio di testosterone dalle ghiandole surrenali.

Se nonostante queste misure non si riescono a regolarizzare i cicli mestruali e l’ovulazione, il passo successivo è costituito da trattamenti medici per regolarizzare la funzione ormonale e stimolare l’ovulazione specialmente mediante il citrato di clomifene. Il passo successivo è la fecondazione in vitro (IVF) che deve essere gestita da mani esperte per l’ umentato rischio in queste pazienti di eccessiva risposta ai farmaci utilizzati per l’ induzione dell’ ovulazione (OHSS).

  • Iperprolattinemia.

E causata da una eccessiva secrezione dell’ormone ipofisario prolattina. Spesso la paziente ha amenorrea e galattorrea. Il dosaggio ematico della prolattina deve essere eseguito più volte: questo ormone è sensibile agli stress ed al fumo di sigaretta e l’esito dell’esame potrebbe essere falsato.

  • Ridotta riserva ovarica.

Esiste una ampia variabilità genetica nel timing della menopausa probabilmente legata all’ entità patrimonio follicolare ed alla velocità del suo depauperamento.

Nella elaborazione e personalizzazione del protocollo di stimolazione follicolare e nella quantificazione delle percentuali di successo é importante la valutazione della riserva ovarica, ossia di quanti ovociti sono rimasti. I metodi valutativi a disposizioni sono :

dosaggio dell’FSH, dell’ estradiolo (E2)

dosaggio dell’AMH (ormone antimulleriano)

Conta dei follicoli antrali.

  • Valori elevati dell ormone follicolo stimolante (FSH).

Anche in presenza di mestruazioni regolari è possibile che gli esami ormonali mettano in evidenza alti valori dellFSH. Ciò significa, nella maggioranza dei casi, che la menopausa è vicina anche se è impossibile stabilire esattamente quando arriverà. In questi casi è bene eseguire lesame più volte per evitare di arrivare al momento in cui si vuole intervenire e trovarsi davanti ad un ovaio che ha concluso il suo ciclo produttivo. Valori superiori a 15 UI/l con prelievo effettuato in fase follicolare precoce,  indicano una importante riduzione della riserva ovarica, della qualità ovocitaria e dell’ aspettativa di gravidanza.

Per una valutazione completa della riserva ovarica  é necessaria una valutazione contemporanea di FSH e 17 beta estradiolo : un valore elevato di 17-beta-estradiolo ( >60 pg/ml) può esercitare un meccanismo di feed-back negativo sullipofisi anteriore abbassando i valori dellFSH. Sembra accertato  che la presenza di valori sierici elevati basali di 17-beta-estradiolo sarebbero testimonianza e prova indiretta di momentanei innalzamenti dell’FSH basale e quindi di un più precoce reclutamento follicolare. L’aumento dell’estradiolo basale sarebbe un marker della riserva ovarica simile all’FSH basale ma più precoce che permette di sospettare una riduzione della riserva ovarica ancora prima che si innalzino i livelli sierici basali di FSH.

  • Valori bassi dell’ ormone antimulleriano (AMH).

L’AMH è essenziale nel feto per la regressione dei dotti mulleriani e lo sviluppo dell’organo sessuale maschile.

L’AMH è prodotto dalle cellule del Sertoli testicolari nell’uomo e dalle cellule della granulosa nella donna.

La produzione di AMH nella donna è di circa 3 ng/mL nell’età infantile e 2 ng/mL nell’età adulta.

L’AMH raggiunge valori nulli con la menopausa. Valore alto (spesso PCOS) Oltre 3.0 ng/ml – Valore normale Oltre 1.0 ng/ml Basso 0.3 0.9 ng/ml Molto basso Meno di 0.3 ng/ml

Valori inferiori a 0.9  indicano una importante riduzione della riserva ovarica, della qualità ovocitaria e dell’ aspettativa di gravidanza.

  • Conta dei follicoli antrali.

Si esegue mediante una ecografia transvaginale tra il secondo ed il quarto giorno del ciclo mestruale. I follicoli antrali sono i follicoli il cui diametro massimo è tra i 2 e gli 8  mm. Una normale conta evidenzia un numero di follicoli antrali tra ovaio destro e sinistro superiore a 10. Valori inferiori a 10 indicano una importante riduzione della riserva ovarica, della qualità ovocitaria e dell’ aspettativa di gravidanza.

  • Insufficienza del corpo luteo.

La diagnosi di insufficienza funzionale del corpo luteo non è semplice. La fase luteale è rappresentata da quel periodo (solitamente 11-16 giorni) che inizia con l’ovulazione e termina con la mestruazione. Durante questa fase l’ovaio produce estrogeni e progesterone, al fine di preparare l’endometrio ad accogliere l’ovocita fecondato e a consentirne lo sviluppo. Se la fase luteale dura meno di 10 giorni si parla di insufficienza luteale, caratterizzata da durata dell’ intervallo troppo breve e da una scarsa produzione di progesterone. L’endometrio non riesce a svilupparsi abbastanza da consentire l’impianto. Il risultato è dunque una sorta di falsa infertilità: la fecondazione può anche avvenire ma l’embrione non trova un ambiente adatto in cui impiantarsi.

Le cause di questa patologia possono essere molte, ad esempio:

una scarsa qualità del follicolo, che comporta la formazione di un corpo luteo difettoso e incapace di produrre una quantità sufficiente di progesterone;

una decadenza prematura del corpo luteo, che – per motivi ignoti – si dissolve prima del previsto, smettendo di produrre progesterone in anticipo.

  • Disfunzioni tiroidee.

Le disfuzioni della tiroide possono interferire con la fertilità, causando irregolarità mestruali e disturbi dell’ovulazione.

E soprattutto l’ipotiroidismo a interferire con la fertilità. In primo luogo il rallentamento generale del metabolismo che si ha nell’ipotiroidismo provoca un rallentamento anche del metabolismo degli ormoni sessuali e in particolare dell’FSH, la cui quantità di conseguenza può aumentare. In secondo luogo quando la tiroide non lavora abbastanza l’ipotalamo e lipofisi cercano di stimolarla aumentando la quantità di TRH (thyroid-releasing hormone, ormome di rilascio della tireotropina) e di TSH (thyroid-stimulating hormone, ormone tireostimolante), e questo provoca a sua volta un aumento della prolattina che può causare iperprolattinemia.

E invece meno chiaro il nesso tra infertilità e ipertiroidismo, tanto che molti ritengono che l’associazione tra i due problemi sia spesso solo una pura coincidenza. L’ipertirodismo può causare una diminuzione nella quantità di estrogeni, che a sua volta può causare problemi allo sviluppo dell’endometrio e sanguinamenti anomali durante il ciclo.

Sia un forte ipotiroidismo che un forte ipertiroidismo danno sintomi che vanno ben oltre i disturbi del ciclo mestruale, dunque in genere entrambi i problemi vengono diagnosticati a prescindere dall’infertilità. Per quanto riguarda i cicli mestruali, nell’ipotiroidismo i cicli si allungano e il sangue è più scarso, mentre nell’ipertiroidismo i cicli tendono ad accorciarsi e il sanguinamento è abbondante; in entrambi i casi possono esserci cicli irregolari e anovulatori.

La diagnosi viene fatta tramite il dosaggio nel sangue degli ormoni tiroidei, cioè TSH, T3, T4, FT3, FT4, ai quali si aggiunge, per la diagnosi di una eventuale tiroidite autoimmune, la ricerca degli autoanticorpi tiroidei.

La terapia è farmacologica nel caso dell’ipotiroidismo, mentre per l’ipertiroidismo può essere farmacologico o chirurgica a seconda di qual è la causa del problema.

  • Sterilità idiopatica.

E così definita la sterilità sine causa. Nonostante gli esami eseguiti sulla coppia, non è stato possibile trovare una causa di sterilità . Essa rappresenta il 10 . 15 %  del fenomeno sterilità. Si arriva a formulare questa diagnosi quando la coppia, dopo due anni di rapporti non protetti e regolari, non ha avuto alcun concepimento e quando sia le visite specialistiche che gli esami effettuati non hanno evidenziato problemi.

  • Sterilità cervicale.

In una piccola percentuale di casi nonostante gli spermatozoi del partner maschile siano, perfettamente normali e potrebbero risalire il canale cervicale e raggiungere utero e tube, la gravidanza non avviene.

La cervice uterina ha una funzione importante nel processo riproduttivo attraverso la formazione di muco da parte delle ghiandole cervicali. In alcuni casi la sterilità cervicale è da attribuire ad un muco che non consente la risalita degli spermatozoi nel canale cervicale. I fattori infettivi sono la causa principale poiché causano cerviciti acute e croniche. Altre cause sono l’ ectropion, gli esiti di una diatermocoagulazione o fattori immunologici. I fattori funzionali possono manifestarsi attraverso l’ assenza o la scarsità di muco cervicale, per fattori ormonali.

Giuseppe Nicodemo
giunico@hotmail.com