Lo studio della ovulazione nella paziente sterile.

Lo studio della ovulazione nella paziente sterile.

Circa il 25% dei casi di sterilità femminile ha un difetto ovulatorio ed è perciò che tra i primi esami da eseguire sulla donna che non riesce a procreare c’è la diagnosi di ovulazione. Se la donna ha cicli mestruali regolari la probabilità che ovuli è alta, perciò l’anamnesi gioca come sempre un ruolo importante nell’inquadramento della paziente. Vediamo in dettaglio le varie tecniche per diagnosticare l’ovulazione.
MONITORAGGIO FOLLICOLARE
Prevede l’utilizzo dell’ecografia ed ha lo scopo di seguire l’evoluzione del follicolo che si sviluppa normalmente ad ogni ciclo sino a dimostrarne lo scoppio e dunque l’avvenuta ovulazione. Viene eseguito a partire da 3-4 giorni prima dell’ipotetico giorno dell’ovulazione effettuando le misurazioni del diametro follicolare ogni due giorni. Contemporaneamente si valuta lo spessore e l’aspetto della mucosa uterina (endometrio). La presenza di un follicolo del diametro medio di 18-25 mm rappresenta un segno affidabile per predire il verificarsi dell’ovulazione. La successiva dimostrazione della comparsa di una falda liquida nel Douglas e l’immagine del corpo luteo sull’ovaio confermeranno l’avvenuta ovulazione. Ci consente perciò con una certa precisione di identificare il periodo più fecondo. La stessa tecnica viene utilizzata durante i cicli di fecondazione assistita per valutare la risposta ovarica alla terapia. Specialmente nelle tecniche di fecondazione eterologa, il monitoraggio ecografico viene anche utilizzato per valutare l’adeguatezza dell’endometrio. Affinché l’embrione possa annidarsi, sembrerebbe necessario uno spessore endometriale superiore a 7 mm. Uno spessore superiore a 13 mm sembrerebbe invece correlato ad un aumento del rischio di aborti spontanei.
STICK DI OVULAZIONE
Di più recente e pratico utilizzo è la rilevazione urinaria dell’LH anche a domicilio in pochi minuti. Questi test presentano un’accuratezza dell’85%.
Il picco di LH si esaurisce nell’arco di 48-52 ore dal suo inizio e viene rapidamente escreto per via urinaria. Il test è dunque positivo in un solo giorno, occasionalmente in due consecutivi.
Il periodo di maggiore fertilità si verifica nei due giorni successivi al picco di LH ed il giorno successivo al primo test positivo è il più adatto per il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Per identificare correttamente il picco ovulatorio di LH il test deve essere utilizzato a partire generalmente da 2 o 3 giorni prima del picco ipotizzato in base alla lunghezza del ciclo.
Nel tempo può verificarsi una riduzione della compliance della paziente dovuta ai costi ed alla necessità di sottoporsi al test ripetutamente.
IL METODO DELLA TEMPERATURA BASALE
Il sistema più economico e più semplice per studiare l’evento ovulatorio ma anche poco preciso.
In un ciclo mestruale la curva termica normale, ha una prima fase di ipotermia (di solito inferiore ai 37°C) legata agli estrogeni e che corrisponde alla fase di maturazione del follicolo ovarico ed una fase di ipertermia (di solito superiore ai 37°C) che segue l’ovulazione e corrisponde alla fase di attività del corpo luteo e legata invece alla produzione di progesterone che raggiunge un livello di circa 4 ng/ml. Il rialzo termico che avviene bruscamente tra le due fasi, viene considerato indice di avvenuta ovulazione. Esso rimane elevata per tutta la fase luteinica finché il progesterone non scende al di sotto di tali valori. Se non c’è stata ovulazione la curva assume un aspetto di persistenza dell’ipotermia.
La paziente dovrà misurare la temperatura corporea tutti i giorni, al risveglio alla stessa ora per almeno tre cicli, riportando su una tabella i valori rilevati. Necessita perciò di una corretta partecipazione da parte della paziente.Una serie di condizioni (malattie generali, processi flogistici, abuso di alcol o di stupefacenti, stress) possono provocare rialzi termici alterando il risultato delle rilevazioni.
DOSAGGI EMATICI DEL PROGESTERONE
I livelli sierici di progesterone generalmente si mantengono al di sotto di 1 ng/ml durante la fase follicolare, iniziano ad aumentare in corrispondenza del picco dell’LH (1-2 ng/ml) e raggiungono i livelli più elevati 7-8 giorni dopo l’ovulazione. Generalmente, livelli sierici di progesterone > 3 ng/ml, sono indicativi di avvenuta ovulazione. Il giorno migliore per effettuare il dosaggio del progesterone per documentare l’ovulazione varia in funzione della lunghezza del ciclo mestruale della paziente. In un ciclo di 28 giorni, in cui l’ovulazione si verifica circa alla 14° giornata, il 21° giorno cade nella fase medioluteale, proprio quando i livelli di progesterone raggiungono il loro picco. Dosaggi seriati del progesterone plasmatico nella seconda metà del ciclo (15°-21°-25°), inoltre, sono utilizzati anche per valutare l’adeguatezza della fase luteinica.
DOSAGGI EMATICI DELL’ORMONE LUTEINIZZANTE
Attraverso l’identificazione del picco di LH mediante dosaggi plasmatici giornalieri è possibile ipotizzare con una certa approssimazione la data in cui si verificherà l’ovulazione. Essa infatti, si verifica circa 32 ore dopo l’inizio di tale picco. I limiti principali di tale esame sono rappresentati dai costi elevati e dal fatto che si tratta di una metodica piuttosto impegnativa per la paziente.
LA BIOPSIA ENDOMETRIALE
La biopsia endometriale consente la valutazione dell’aspetto istologico dell’endometrio, principale bersaglio dell’azione degli ormoni ovarici. Il prelievo va effettuato mediante aspirazione o per via isteroscopica verso il 23°- 26° giorno di un ciclo di 28 giorni, generalmente 2 -3 giorni prima della comparsa della mestruazione. Un aspetto istologico secretivo della mucosa endometriale è indicativo di avvenuta ovulazione. Al contrario le donne con cicli anovulatori presentano un endometrio di aspetto istologico proliferativo che può andare incontro ad iperplasia essendo esposto ad una continua stimolazione estrogenica non bilanciata dalla produzione di progesterone.
L’invasività ed il fatto che le modificazioni provocate dagli ormoni ovarici sull’endometrio non si manifestano contemporaneamente nelle varie zone della cavità uterina ne limitano attualmente l’utilizzo a favore di altre metodiche.
LO STUDIO DELLE MODIFICAZIONI QUALITATIVE E QUANTITATIVE DEL MUCO CERVICALE.
Scomoda per la paziente ed imprecisa nel predire il manifestarsi dell’ovulazione è lo studio dell’ aspetto, la consistenza e la quantità del muco cervicale, che si modificano in relazione al cambiamento dei livelli degli estrogeni. In prossimità dell’ovulazione si verificano un aumento ed una fluidificazione del muco che, posto tra due vetrini poi distanziati, da origine a filamenti di circa 10-12 cm.
Sempre in fase ovulatoria, inoltre, il muco, osservato al microscopio, da luogo alla caratteristica cristallizzazione a “foglia di felce”. Tutti i fenomeni descritti regrediscono in fase post-ovulatoria sotto l’azione del progesterone prodotto dal corpo luteo.

Giuseppe Nicodemo
giunico@hotmail.com